Massimo Perla: “Il problema di lavorare con i cani spesso sono le persone”

Massimo Perla è probabilmente il dog trainer più famoso del nostro Paese. Anche perché è stato tra i primi. Votato da anni anche al cinema e alla televisione (la maggior parte dei cani che vedete recitare sono “passati sotto le sue sapienti mani”, a cominciare dal mitico border collie Shonik, fino al pastore tedesco di Rex), continua a lavorare, e sempre con lo stesso entusiasmo, sia sui set che nel suo centro di addestramento di via dei Due Ponti a Roma. Perché su di lui si può dire tutto, forse, ma non che non ami i cani. Tanto che oggi ne possiede circa 18. “Non sono mai sicuro del numero – dice – perché alcuni sono miei, altri magari li hanno portati al mio centro e non sono più venuti a prenderli. E che potevo fare io se non affezionarmici?“.

Massimo, ma come è nata questa sua passione per “il migliore amico dell’uomo”?
Credo un po’ come per tutti i ragazzini, mi sono sempre piaciuti gli animali in generale. I cani, invece, li ho conosciuti meglio intorno ai 17 anni: frequentavo il liceo artistico e nel mio tempo libero portavo alcuni di loro a correre a Villa Borghese. All’epoca, e stiamo parlando del 1976, non esistevano i moderni servizi di dog sitter, ma molte persone “benestanti” che mi affidavano le loro bestiole, rimasero colpite dal mio lavoro. Da lì iniziai a pensare che quella potesse diventare una vera e propria professione.

Potremmo dire che la sua è stata una sorta di intuizione…
In quegli anni non guadagnavo molto, ma bastava per mantenere me, il mio primo cane e la mia prima casa. Mi ero iscritto anche all’Università, ma al terzo anno di architettura ho capito che la mia strada era un’altra.

Quando, secondo lei, un proprietario dovrebbe rivolgersi a un dog trainer?
Detto così, direi prima di prendere un cane. Ma qui va fatta una distinzione, perché su questi animali si possono fare due tipi di interventi, entrambi utilissimi: ovvero quello di un educatore e quello di un addestratore. Il primo, aiuta padroni e cani a capirsi, conoscersi e rispettarsi reciprocamente. Per quanto riguarda il secondo, invece, si può aspettare qualche mese.

Quali gli errori più comuni che una persona compie quando prende un cane?
Ce ne sono moltissimi, come sceglierlo in base all’aspetto fisico. Ogni razza ha caratteristiche proprie e se non vengono prese in considerazione si rischia di avere un cane che non si è in grado di gestire. E poi va ricordato che il cane, per quanto siamo “egoisti” e vogliamo farlo vivere con noi in città e negli appartamenti, è sempre un cane e non bisogna renderlo troppo “umano”. Ha un suo codice, un suo cervello, un suo linguaggio, e quindi bisogna rispettare quello per fargli capire le cose.

E’ possibile educare anche un cane adulto?
Con conoscenza e pazienza si può fare tutto. Certo, chiedere a un pit bull di 3 anni di andare d’accordo con un gatto può essere difficile, ma credo che nulla sia impossibile. Ovviamente, ogni lavoro sul cane, è più facile se compiuto nei suoi primi mesi, quando è ancora nella fase di socializzazione e non ha subito traumi. Per questo se non si è esperti o se non si hanno mai avuto animali in casa è bene rivolgersi a chi ne sa di più.

Può bastare un veterinario?
A volte sì, ma spesso i medici tendono a vedere la “questione cane” solo dal punto di vista sanitario, per cui consigliano ai neo proprietari di cuccioli di non portarli a spasso finché non avranno eseguito tutta la profilassi dei vaccini. Ma così facendo creano in quelle bestiole dei danni irreparabili. Uscire a fare una passeggiata (con le dovute precauzione e magari evitando le aree troppo trafficate da cani o altri animali), infatti, aiuta i piccoli a prendere coscienza del mondo che li circonda e a non avere paure che, da adulti, possono causare comportamenti aggressivi.

Lei addestra anche i cani che vediamo abitualmente sul piccolo e il grande schermo. Quali sono i problemi più grandi che incontra in questo ambito?
Solitamente i cani “attori” con cui collaboro sono addestrati e quindi li conosco bene. La vera difficoltà in quel caso è quella di riuscire a fargli compiere dei movimenti facendolo sempre divertire. Perché per lui sarà sempre un gioco, non un lavoro. I problemi ci sono a volte quando ti fanno richieste assurde dalle produzioni.

Un esempio?
E’ capitato che un mio cane dovesse interpretare la parte del morto. Un regista voleva sedarlo e io mi sono opposto perché l’animale era perfettamente in grado di stendersi e rimanere fermo per tutto il tempo della scena. Lui mi rispose che però in questo modo respirava… Io ho sgranato gli occhi e, poi, con estrema pazienza, gli ho spiegato che anche con l’anestesia avrebbe respirato. Ecco diciamo che il problema vero di lavorare con i cani, a volte, sono gli essere umani…

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