Allevare specie in via d’estinzione: pericolo per la conservazione

Secondo quanto rivelato dagli studi di alcuni biologi, pensare di allevare specie in via d’estinzione per salvarle è un rischio, o meglio una soluzione sbagliata. Gli esperti, in questione, avrebbero affermato che la cattività, per alcuni animali, potrebbe essere ancora più controproducente per la loro conservazione.

Allevare in cattività una specie in via d’estinzione non è un’azione sempre mossa da spiriti negativi, come quelli alimentati dal commercio illegale. In certi casi, infatti, anche la scienza ha ritenuto che ‘proteggere’, lontano dalla natura, alcuni animali a rischio potesse tutelarne la conservazione. Tuttavia, le ricerche di alcuni biologi avrebbe, al contrario, affermato che non sempre l’allevamento in cattività agevola la sopravvivenza degli animali, sopratutto di quelli che si trovano nella Lista Rossa delle specie a rischio.

Quoll specie in via d'estinzione
Esemplare di Quoll, marsupiale in via d’estinzione – VeveltPets

I cambiamenti sugli animali

In molti casi, l’allevamento in cattività delle specie a rischio estinzione è stato considerato come un gesto ‘estremo’ per scongiurare che gli animali possano sparire dalla Terra. Tuttavia, secondo alcuni biologi della conservazione dell’Università nazionale australiana (Anu), quello che per molti studiosi ed esperti è considerata una soluzione, o meglio un rimedio, potrebbe essere un vero disastro. Questi recenti studi effettuati, infatti, avrebbero dimostrato che gli animali allevati in cattività sviluppano dei mutamenti sia a livello fisico che comportamentale. Questi cambiamenti potrebbero ridurre, di gran lunga, la possibilità di sopravvivere una volta che l’animale è rilasciato in natura.

Abbiamo sottolineato più volte, del resto, come gli animali che crescono in cattività potrebbero avere delle serie difficoltà ad adattarsi alla vita in natura. Molti potrebbero avere seri problemi a cercare il cibo necessario per alimentarsi e sostenersi, altri potrebbero essere incapaci di difendersi dai pericoli, specialmente da quelli indotti dai predatori. Insomma, una vita dietro alle sbarre, seppure invisibili come quelle delle più sofisticate e moderne strutture di conservazione, è comunque una vita innaturale.

Pappagallo Ara dalle ali colorate
Esemplare di Pappagallo Ara – VelvetPets

Come aiutare le specie in via d’estinzione

Difatti, come chiarisce anche lo studio effettuato dai ricercatori dell’Università nazionale australiana, le condizioni ricreate in cattività non potranno mai essere uguali a quelle che si sviluppano in natura. Come chiarisce la ricerca citata anche da Forbes, alcuni dei mutamenti registrati sugli animali sono evidenti, altri più latenti, ma altrettanto compromettenti. Giusto per riportare qualche esempio pratico, citando alcune specie in via d’estinzione, potrebbe succedere che alcuni tra gli uccelli cantori imparino le canzoni in maniera sbagliata: problema che non gli permetterà di riprodursi.

O ancora, i pappagalli potrebbero sviluppare delle ali non abbastanza forti e grandi da compiere i lunghi voli della migrazione. Animali come i quoll potrebbero non avere più paura dei predatori e le grandi tigri potrebbero avere mandibole meno forti mangiando sempre la carne macinata. In conclusione è bene chiarire che i biologi della conservazione, conduttori dello studio, non si sono mostrati contrari all’allevamento di specie a rischio in cattività. Ma, quello su cui hanno posto l’accento è cercare di capire come questo metodo possa essere reso più efficace. In sostanza se la cattività è l’unico rimedio ritenuto possibile per la conservazione della specie, non è da abolire. Ma valutare il processo e le conseguenze di immissione in natura sono azioni più che necessarie.

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