I risultati di una ricerca condotta da esperti in materia ha portato a delle conclusioni inaspettate, il mistero potrebbe esser stato svelato.
Ciò che affascina del mondo animale è soprattutto la diversità, nel mondo vivono tantissime specie ognuna diversa dall’altra per forme e colori. Impossibile non rimanere incantati dal manto di un leopardo, dalle strisce di una zebra oppure dalle geometrie delle creature marine. Finora non era chiaro quale fosse il motivo che causasse in natura fenomeni simili.
Era il 1952 quando per la prima volta il matematico Alan Turing si occupò della questione, pubblicando una ricerca sulle equazioni alla base del meccanismo di ‘assegnazione’ di puntini e striature. Riprendendo i suoi studi, alcuni scienziati della University of Colorado Boulder hanno cercato di andare più a fondo e le conclusioni sono sbalorditive.
Camuffamento e tecniche di sopravvivenza, certamente. Tutto questo era già stato preso in considerazione dagli esperti, tuttavia rimane un mistero il processo biologico alla base delle diverse conformazioni e colorazioni nell’aspetto degli animali. La teoria di Alan Turing ruotava attorno all’argomentazione secondo cui gli agenti chimici vengono prodotti in fase di generazione del tessuto, la reazione sarebbe la causa delle ‘fantasie’.
Anche chiamata ‘teoria della diffusione’, non spiegava però come questi ‘schemi’ si venissero a formare. Il nuovo studio della University of Colorado Boulder ha paragonato il meccanismo descritto da Turing alla semplice operazione di versare latte nel caffè: si espande in diverse direzioni, creando un disegno abbastanza casuale e indefinito.
Tuttavia alcuni animali sfoggiato forme geometriche fin troppo precise e in questo caso è difficile parlare di una ‘creazione’ casuale. Nell’articolo pubblicato su Science Advances il termine chiave è diffusioforesi: le molecole si muovono in modo ‘regolare’ attraverso un liquido che cambia a seconda della differenza nei gradienti di concentrazione. In pratica quello che succede al bucato quando viene lavato.
Queste particelle lasciano una scia di pigmenti responsabili dei puntini e delle strisce che possiamo ammirare in tantissimi animali. Uno dei ricercatori, Ankur Gupta, ha ammesso ai microfoni dell’Indipendent: “Le applicazioni nell’ingegneria e nella scienza dei materiali sono infinite, ma si potranno comprendere meglio anche la formazione dell’embrione e quella dei tumori”.
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