Ebola: i cani dell’infermiere sardo guarito dal virus stanno bene e sono tornati a casa

Per lui l’odissea è durata circa 2 mesi, per i suoi cani “solo” 21 giorni. Ma adesso proprietario e animali stanno bene e sono di nuovo insieme. Stiamo parlando Stefano Marongiu, l’infermiere di Emergency guarito dall’Ebola (ovvero il paziente numero 2 italiano), che poco prima che fosse trasportato da Sassari a Roma per le cure contro il virus si è visto anche portare via i suoi cuccioloni, “colpevoli” di aver avuto contatti con lui. I due pelosi, che sono entrambi maschi e meticci non proprio giovanissimi, sono stati sottoposti nei giorni scorsi a una speciale sorveglianza al termine della quale sono stati dichiarati “fuori pericolo”.

A raccontarlo all’Adnkronos è Franco Sgarangella, direttore del Dipartimento di prevenzione e del Servizio di sanità animale della Asl di Sassari, che dal caso in questione ha realizzato un singolare studio (uno dei pochissimi a disposizione della comunità medica) dedicato agli animali da compagnia e che si chiede se questi possano realmente contrarre e/o trasmettere il virus Ebola. Bene, la risposta è no. Sgarangella dice: “Al momento non ci sono evidenze scientifiche in merito al fatto che i cani possano contrarre o trasmettere Ebola“. Secondo quanto detto dal medico, esiste una sola ricerca a riguardo, effettuata nel 2001 in Gabon, dove vennero esaminati 300 cani, di cui 159 erano stati a contatto con ammalati di Ebola: il 30 per cento è risultato essere portatore di anticorpi del virus, ma nessuno manifestò la malattia. Per il resto c’è la drammatica storia della Spagna, dove il cane dell’infermiera infettata Teresa Romero, Excalibur, fu soppresso.

Ma per i meticci sardi, fortunatamente, le cose sono andate diversamente: e ora i 4 zampe possono finalmente riabbracciare il loro umano. “Grazie alla misurazione a distanza della temperatura corporea e al monitoraggio del comportamento, possiamo dire che per questi due animali l’esito è stato favorevole – ha concluso Sgarangella – Ora stiamo preparando una relazione con tutti i dati che saranno messi a disposizione della comunità scientifica, essendoci penuria di esperienze simili. Potremo contribuire a migliorare le conoscenze su questo aspetto“.

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