Non vuole più il cane e lo fa sopprimere: alla sbarra proprietario e veterinario

Un uomo decide di far sopprimere il suo cane da un veterinario per questioni comportamentali. I due sono a processo per abbandono e uccisione di animale

Ucciso tramite eutanasia solo perché avrebbe avuto comportamenti che non piacevano al suo proprietario. Sul banco degli imputati un uomo di 91 anni e un veterinario di 58. Siamo a Ceregnano, in provincia di Rovigo. Andiamo indietro nel tempo all’1 maggio 2014 quando un signore avanti con gli anni decide di acquistare un incrocio Drathaar nero di grossa taglia. Si tratta di una razza creata ad hoc dai tedeschi per diventare un cane da caccia ideale, capace di catturare volpi, topi, faine uccidendoli senza esitazione ma senza mai diventare pericoloso o disubbidiente con gli esseri umani.

Rocky non piaceva al suo proprietario

Il suo nome è Rocky, è ha 2 anni. L’uomo però con il passare del tempo non gradisce la compagnia del Fido e una mattina di tre anni fa, era il 2 febbraio 2015, compie un primo tentativo, quello di abbandonarlo, gettandolo via dalla sua macchina. Un tentativo che, secondo modalità comunque non chiarite del tutto, non sarebbe riuscito. Passano solo una decina di giorni e l’anziano si rivolge a un veterinario e insieme decidono di sopprimerlo somministrandogli per via intracardiaca un farmaco, il Tanax, un medicinale che provoca un blocco cardio-respiratorio, portando l’animale alla morte. Denunciati dall’Enpa Onlus, il proprietario e il veterinario sono stati portati a processo.

Prossima udienza il 10 ottobre

A Rovigo si è svolta un’udienza dibattimentale, il giudice Raffaele Belvedere ha rimandato tutto al 10 ottobre per l’assenza di uno degli avvocati. Per Claudia Ricci, legale degli animalisti, “l’uccisione di animali è un reato, previsto e punito dal codice penale: chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Insomma, la soppressione di un animale sano è vietata ed illecita se non in casi di comprovata e reale necessità oggettiva di natura sanitaria o sociale, ovvero una comprovata aggressività che però deve essere riconosciuta da un veterinario comportamentale tramite anche esami specifici. E, in ogni caso, esistono dei centri chiamati di recupero e contenimento.

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