Allarme calabrone gigante asiatico: è il più grosso e letale al mondo

A confermare il suo livello di pericolosità sono gli scienziati, che classificano il calabrone gigante asiatico come il più grosso e letale della sua specie. In genere si sviluppa nei territori asiatici (da qui il suo nome), ma a rendere il fatto più preoccupante è che, in questo caso, l’allarme è stato lanciato dalla Contea di Whatcom, al confine fra Canada e lo Stato di Washington. Secondo quanto si apprende dalle notizie diffuse dalla stampa locale, un gruppo di scienziati del Dipartimento di Agricoltura dello Stato di Washington, minuti di tuta spaziale, si sono trovati costretti a eradicare il primo nido di calabroni killer.

Definito “killer” proprio per la sua pericolosità, il calabrone gigante asiatico è chiamato anche vespa mandarina. La puntura di questo insetto può risultare letale in quanto i pungiglioni, lunghi circa 6 mm, possono iniettare grandi quantità di un potente veleno. Si stima infatti che un soggetto allergico potrebbe morire all’istante per shock anafilattico. Ma questa vespa può essere letale anche per una persona non allergica; in caso di punture multiple infatti, la dose di veleno sarebbe talmente alta da procurare la morte.

Il calabrone gigante asiatico o calabrone killer

Secondo quanto si apprende dalle informazione diffuse in seguito alla distruzione del nido di calabroni giganti a Washington, gli scienziati non hanno riportato alcuna puntura. Il nido era localizzato su un albero d’ontano, a diversi metri d’altezza. La scelta degli esperti di eradicare la “casa” dei calabroni è stata forzata anche dal fatto che questi insetti non sono pericolosi solo per gli uomini, ma anche per gli impollinatori; il calabrone killer infatti attacca anche le api, animali fondamentali per l’ecosistema. In poche ore, un piccolo gruppi di vespe mandarine è in grado di distruggere un intero alveare di api. Lungo circa 55 mm, il calabrone gigante asiatico è un insetto molto invasivo e non autoctono negli USA, dove il primo esemplare avvistato risale a dicembre del 2019. Dopo questo episodio gli esperti del Dipartimento di Agricoltura si sono mobilitati nella ricerca di altri possibili nidi.

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