
Divieto ai test sugli animali in bilico: cosa significa per la vita di milioni di creature?
Nel giugno del 2022, l’Italia ha compiuto un passo significativo verso la tutela degli animali, posticipando al 1° luglio 2025 il divieto di utilizzare animali per test su sostanze d’abuso, tra cui droghe, alcol e tabacco. Tuttavia, recenti sviluppi nella prima Commissione permanente del Senato potrebbero mettere a rischio questo traguardo, con la proposta di un ulteriore rinvio di sei anni. Un cambiamento che potrebbe prolungare la sofferenza di milioni di animali utilizzati in esperimenti ritenuti ormai obsoleti e non etici.
Il dibattito sulla sperimentazione animale
Negli ultimi decenni, il dibattito sulla sperimentazione animale ha guadagnato sempre più attenzione, sia a livello nazionale che internazionale. L’Unione Europea ha stabilito normative per garantire il benessere degli animali utilizzati a fini scientifici, incoraggiando i Paesi membri a trovare metodi alternativi. In Italia, la Direttiva europea è stata recepita attraverso il decreto legislativo 26/2014, che ha introdotto vincoli per limitare l’uso di animali nei test. Tuttavia, il dibattito non è ancora risolto e le pressioni da parte delle lobby favorevoli alla sperimentazione animale continuano a rallentare il progresso.
Il ruolo delle associazioni animaliste
La Lega Anti Vivisezione (LAV) ha svolto un ruolo cruciale nel promuovere il divieto di test su animali, sostenendo l’importanza di metodi alternativi. Grazie all’impegno della LAV e di altre organizzazioni animaliste, sono stati introdotti vincoli migliorativi nel sistema di sperimentazione animale italiano. Questi vincoli hanno portato alla chiusura di allevamenti abusivi, come quello di Green Hill, dove si praticavano torture indicibili sugli animali. Tuttavia, nonostante il progresso, la strada da percorrere è ancora lunga.
La situazione attuale e le prospettive future
Il divieto di testare sostanze come tabacco e alcol, così come gli xenotrapianti, è stato inizialmente previsto per il 2017. Tuttavia, le pressioni delle lobby vivisettorie hanno costretto il governo a rinviare l’entrata in vigore di questo divieto, prima al 2020, poi al 2022 e infine al 2025. Le associazioni animaliste denunciano questo approccio come un chiaro segno della resistenza a un cambiamento necessario e auspicabile.
Sarebbe decisamente più produttivo se le forze politiche si concentrassero sul finanziamento della ricerca nelle cosiddette Non Animal Methodologies (NAMs), ovvero metodi di ricerca che non prevedono l’uso di animali. Questi metodi stanno guadagnando terreno a livello globale grazie ai loro approcci innovativi e più etici. In Italia, tuttavia, la situazione è preoccupante: i fondi destinati a questi metodi sono attualmente pari a zero, nonostante la crescente richiesta da parte dei cittadini di un approccio alla ricerca più umano e privo di sofferenza animale.
In conclusione, il confronto con altri Paesi europei è impietoso. Nazioni come Olanda e Belgio investono milioni di euro nella ricerca basata sugli esseri umani, mentre l’Italia resta indietro. Questo divario non solo mette a rischio il benessere degli animali, ma compromette anche la competitività del settore scientifico italiano, che potrebbe perdere il passo con le innovazioni e le pratiche più etiche che emergono in altri contesti. La vita di milioni di animali è appesa a un filo, e il tempo per agire è già scaduto.