Carne di pollo: pericolo per cani e gatti, aumenta il rischio di patologie

Attenzione alla carne di pollo, perché potrebbe fare molto male sia ai cani che ai gatti. A causa del suo costo ridotto (per produrre un kg di carne bastano 1,3 kg di mangime), il pollo è senza dubbio uno fra gli animali più sfruttati per quanto riguarda gli allevamenti intensivi; il suo consumo, tuttavia, può tradursi in grave conseguenze per la salute. Il sospetto c’era già. La conferma arriva da una ricerca riportata dal Corriere della Sera e condotta dai dipartimenti di Veterinaria dell’Università di Torino in collaborazione con altri ricercatori di atenei italiani e con il Centro Ricerca & Sviluppo SANYpet, azienda specializzata nella produzione di alimenti dietetici per gli amici a quattro zampe.

I risultati dimostrano come l’ossitetraciclina, residuo di un farmaco che si accumula nelle ossa dei polli (ma anche di tacchini e maiali), causi un processo di morte cellulare che si traduce in patologie molto diffuse fra gli animali da compagnia: “L’organismo – spiega il veterinario Sergio Canello – ha due modi di reagire alle sostanze tossiche che ingerisce: con processi infiammatori (gastrititi, cistiti, otiti etc) che funzionano come inceneritori per distruggere gli elementi dannosi, o con meccanismi di eliminazione (vomito, diarrea, lacrimazione)“. Nel momento in cui migliaia di polli vengono allevati in spazi ridottissimi, diventa inevitabile lo sviluppo di varie malattie che vengono curate tramite antibiotici, per esempio le le tetracicline “che di per sé – continua il medico – sono innocui per chi ne mangerà la carne, anche perché la legge richiede che entro 10/14 giorni prima della macellazione non vengano somministrati farmaci agli animali“.

Il fatto è che questi farmaci si accumulano e si fissano all’osso, “che è una parte considerata non edibile ma che in realtà viene tritata per produrre le farine di carne alla base del cibo per cani e gatti“. Nelle loro ciotole, di conseguenze, finiscono sostanze tossiche farmacologicamente attive in concentrazioni fino a dieci volte superiori rispetto ai limiti di legge. Come fare? Basta eliminare tali alimenti perché in breve tempo si riducano dell’80 per cento – e anche di più – le patologie che più spesso li colpiscono.

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