Come la cattività cambia la vita degli animali

L’allevamento in cattività non è di certo il più approvato dagli animalisti. Oggi, uno studio avrebbe dimostrato come questa cambi nel concreto la vita degli animali. Pare, infatti, che si mettano in atto delle vere e proprie modifiche anche dal punto di vista fisico e, ovviamente, comportamentale.

In più contesti ci è capitato si evidenziare come un animale nato e cresciuto in cattività possa presentare delle serie difficoltà ad adattarsi in natura. Sono diversi i fattori che, in questo caso, potrebbero minare alla sua sopravvivenza. Una creatura cresciuta fuori dal suo habitat naturale, seppur in natura sarebbe il suo ‘posto perfetto’, non sarebbe in grado di affrontare diverse problematiche. Difficile, ad esempio, procacciarsi il cibo da solo, difendersi dalle intemperie e dai predatori. La cattività non permette di sviluppare alcune caratteristiche etologiche fondamentali, senza le quali la vita in libertà potrebbe trasformarsi persino in una trappola letale. E se questo potrebbe apparire in apparenza un controsenso, pensiamo ad un cucciolo di zebra cresciuto lontana dall’Africa, sarebbe davvero in grado di riconoscere il pericolo in una leonessa a caccia? Soprattutto se non hai mai visto una leonessa.

Scimmi in cattività
Scimmie in uno zoo, animali in cattività – VelvetPets

I pro e i contro della cattività

Oltre a queste riflessioni, oggi arriva uno studio a spiegare come la cattività provochi anche delle modifiche fisiche negli animali e di conseguenza maggiore assenza di adattabilità alla natura. In questo contesto si fa riferimento anche all’allevamento di specie cresciute in cattività per preservarle dal rischio estinzione. Tuttavia, appare innegabile come la crescita fuori dall’habitat naturale crei modifiche al corpo e allo stato di salute degli animali. Questo diminuisce nettamente le loro possibilità di sopravvivenza rispetto agli esemplari selvatici. A condurre lo studio un team di biologi dell’Australian National University.

Secondo la ricerca, gli animali allevati in cattività sviluppano cambiamenti fenotipici, fisici e comportamentali. Tra le specie analizzate, ad esempio, le farfalle che dopo il rilascio in natura non sarebbero in grado di ricostruire le rotte migratorie. Oppure i grandi felini che, allevati in cattività, crescono con mascelle più deboli poiché nutriti con carne già macinata. E poi ci sono gli uccelli canori che, non conoscendo bene ogni canto, potrebbero sbagliare quelli per l’accoppiamento non riuscendo ad attirare l’attenzione degli esemplari selvatici. Dunque, anche se l’allevamento in cattività è volto a tutelare gli animali a rischio, è necessario sapere che il rilascio in natura di questi esemplari potrebbe risultare compromettente alla loro sopravvivenza.

Leoni in uno zoo
Africa, leoni ospiti di uno zoo – VelvetPets

Gli autori dello studio, dunque, hanno tenuto a precisare che per quanto sia fondamentale la tutela di una specie, è necessario anche essere in grado di preservare la salvaguardia e la sopravvivenza. Quindi anche se in questo contesto non si tratta di un’accusa contro la cattività, come nel caso invece di animali che hanno passato tutta la loro vita negli zoo solo a scopo di intrattenimento, i biologi chiedono di approfondire alcune questioni. Tra le domande poste dallo studio, a tal proposito, l’indagine sulla rapidità con la quale gli animali in cattività possono acquisire nuovamente i caratteri selvatici dopo essere stati rilasciati in natura. Ma anche il modo in cui la popolazione selvatica risponde demograficamente e che importanza riveste l’età per il rilascio in natura.

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